Scrivere di S. Martino in Strada è come riavvolgere il nastro della storia forlivese
  Molte  delle vicende storiche che hanno segnato Forlì sono iniziate nella  frazione pedemontana lambita dal fiume Rabbi. Due esempi su tutti,  distanti ben sette secoli fra loro 
  
 Scrivere di San Martino in  Strada è come riavvolgere il nastro della storia forlivese: molte delle  vicende che hanno segnato il capoluogo sono, infatti, iniziate nella  frazione pedemontana lambita dal fiume Rabbi. Due esempi su tutti,  distanti ben sette secoli fra loro. Il 14 settembre 1281 a San Martino  si accamparono i francesi al soldo del papa, gli stessi che, “dopo aver  fatto sacco” della frazione, il giorno successivo entrarono spavaldi  anche a Forlì passando per l’attuale via Battuti Verdi, salvo subire il  “sanguinoso mucchio” di dantesca memoria per mano degli uomini di Guido  da Montefeltro, con la regia di Guido Bonatti.
  L’altro episodio  emblematico è la funzione di avamposto assunta nel secondo conflitto  mondiale: quel fatidico 9 novembre 1944, San Martino fu la prima  frazione di Forlì ad essere liberata dagli Alleati, dopo che reparti di  fanti inglesi avevano finalmente guadato il Ronco all’altezza di  Magliano. Per la precisione, come apparso sul Corriere Romagna del 9  novembre 2014 a 70 anni esatti dall’evento, “il comandante della  squadriglia di carristi inquadrati nella 4° divisione inglese, che  quella mattina, giorno della Liberazione di Forlì, conquistò San Martino  in Strada, era il caporale Irvine. Il soldato di Sua Maestà Britannica  faceva parte delle avanguardie dell’8° Armata, incaricate di sminare le  strade prima dell’avanzata delle truppe”. La secolare importanza della  località deriva dal fatto che il Plebanato, ossia l’area di  giurisdizione della Pieve omonima, si estendeva fino alle mura di Forlì.  “La competenza territoriale di San Martino in Strada - scrive monsignor  Adamo Pasini nel 1920 sul “Bollettino della Madonna del Fuoco” - era  estesa a una parte dell’urbe sin presso la zona di Campostrino,  comprendendo anche le chiese di San Vitale in Bussecchio, San Nicolò in  Vecchiazzano e Santi Pietro e Paolo di Grisignano”.
  Anche se le  prime notizie documentali sulla chiesa risalgono al 962, l’epopea  sanmartinese scaturisce dalla donazione che tal Alessandro fece ai  monaci nel 1160, “seppur con speciali diritti che furono causa di gravi  liti e discordie col vescovo e la comunità”. Un simile ben di Dio in  mano all’abate benedettino di San Mercuriale, non poteva certo star bene  ai vescovi cittadini, che cercarono in tutti i modi di contrastarlo.  Nel 1170, San Martino in Strada fu confermata parrocchia, seppur “con  l’obbligo – continua Pasini – di eleggere per la cura d’anime due  cappellani, i quali ricevevano l’investitura temporale da San  Mercuriale, con l’obbligo poi di essere confermati dal vescovo di  Forlì”. Dedicata a San Martino di Tours, vescovo cristiano del IV  secolo, fu sempre chiesa di prestigio indiscusso ed ebbe arcipreti  appartenenti alle più importanti famiglie di Forlì. Nel XVI secolo  continuano le divergenze fra il vescovo e l’abate vallombrosiano per il  suo possesso. Una brusca virata è data dal passaggio di Napoleone nel  1797: la chiesa venne alienata a privati con annessi e connessi.
  Nel  1815 ci fu sì la Restaurazione, coincidente con l’esilio definitivo del  Bonaparte, ma le cose non tornarono più come prima. Don Giovanni  Giammarchi, nel suo inventario parrocchiale del 1827, dichiara di aver  provveduto di sua tasca ai beni occorrenti al centro di culto. Una delle  date più recenti rimaste scolpite nella memoria dei residenti di San  Martino in Strada, è il 2 giugno 1985, giorno dell’inaugurazione della  nuova chiesa voluta dall’allora parroco monsignor Ildebrando Leonardi.  “Quella vecchia andava benissimo – scrisse il sacerdote - ma la  popolazione in continuo aumento non poteva più raccogliersi, nemmeno  nelle domeniche comuni, in uno spazio ristretto che impediva ai più  deboli la possibilità di partecipare con una certa comodità  all’Eucaristia”. Passano altri 15 anni e si raggiunge il terzo  millennio. Dopo il buon lavoro di don Bruno Bertelli e di don Maurizio  Monti, l’attuale parroco don Massimo Masini, entrato il 16 settembre  2017, fa i conti con la realtà e invoca forze fresche, desiderose di  testimoniare che “Cristo rimane l’unico annuncio in grado di salvare il  mondo” 
  
 
  |